Feminine Identity, Sexuality and Power in Italian Film and Media

Category: Nidia Werner

La rappresentazione di una società patriarcale in Malèna e Sedotta e abbandonata

Questo saggio esamina l’efficacia dell’intenzionalità dei registi di due lungometraggi intitolati Malèna e Sedotta e abbandonata. Nei due film, l’intenzione dei registi era di denunziare la maniera in cui le donne erano trattate in una società patriarcale. Entrambi i film sono ambientati in Sicilia, durante gli anni quaranta e cinquanta. Malèna è un film drammatico e un racconto di crescita focalizzato nella prospettiva di Renato, un bambino che osserva la protagonista femminile ossessivamente. Già Sedotta e Abbandonata è una commedia di costumi con una trama che coinvolge due famigli e il codice d’onore che stabilisce l’ordine sociale siciliana. I due film rappresentano chiaramente l’arretratezza della società italiana del Sud durante la Seconda guerra mondiale e il dopo guerra. Ma in realtà l’approccio e l’efficacia delle denunce dei due registi sono discutibili e ci sono qui, tre punti importanti a esaminare: 1) l’iper-sessualizzazione delle donne, 2) l’oppressione dimostrata contro le donne, e 3) lo sfruttamento del sesso femminile. Infatti, questi elementi provano che la misoginia sistemica supera il proposito di rinfacciare, o biasimare un problema sociale onnicomprensivo in quel tempo e quel luogo. In modo significativo, la violenza esplicita contro le donne non solo ha un forte impatto sulla sceneggiatura e predomina la messa in scena, ma anche diventa il fuoco dei due film. Da questo punto di vista, analizzerò certe sequenze e alcuni aspetti dei due film.

Innanzitutto, l’iper-sessualizzazione delle donne è presentata ripetutamente nell’ambito delle produzioni artistiche di maniera visuale. In Maléna, la prospettiva del film e la sua soggettiva sono direttamente collegate allo sguardo maschile e anche alla loro aspettativa sessuale che circonda Malèna costantemente. In un parametro erotico, Renato è un bambino di 13 anni che rappresenta tutti gli uomini nel modo in cui la immagina, la segue, la osserva, e la guarda fissamente. Troppo spesso l’inquadratura e la macchina da presa riflettono un forte desiderio sessuale e l’angolazione rivela una ripresa soggettiva iper-sessualizzata permanentemente connessa al corpo della protagonista. La presenza di Malèna nelle scene è estremamente seducente per gli uomini che dominano lo schermo. Questo sfondo specifico alimenta e incita il disprezzo e l’oddio dalle altre donne presenti nel film. Ma Malèna e sua bellezza affascinante non sono dipinte naturalmente perché la rappresentazione di Malèna emana sessualità di forma deliberata e promuove una reazione istintiva animale. Questo fuoco sessuale ha uno strano effetto diegetico e anche negli spettatori perché la protagonista è vista solo attraverso di uno sguardo maschile e rapporto carnale. Per esempio, nella sequenza quando lei è brutalizzata da un gruppo di donne che si vendicano, l’inquadratura dal basso (Figura 1) dimostra un raccordo di sguardo o soggettiva di un osservatore passivo. Questa scelta del regista sembra anche a soddisfare questo contesto sessuale e sguardo maschile, con il seno di Malèna in primo piano, dando grande importanza al suo corpo sessualizzato nonostante questa situazione più drammatica di una picchiata violentissima. In contrasto e generalmente in film, è comune usare un’inquadratura dall’alto durante questo tipo di scoppio di violenza, perché quest’angolazione dimostra l’angolo del maltrattante guardando la vittima nel corso dell’attacco e non semplicemente con un atteggiamento passivo e in questo caso una prospettiva voyeristica.

Quanto a Sedotta e abbandonata (Figura 2) il problema di iper-sessualizzazione è ricapitolato nel titolo che stabilisce e rinforza un’idea completamente falsa di consenso sessuale e non di abuso su una minore di 15 anni, che in conseguenza è umiliata, perseguita, isolata, e al fino, forzata a sposarsi al perpetratore della violenza.  I rapporti sessuali che “attempt to reject aggressive sexual advances would certainly fall within a feminist understanding of rape, yet many critics simply refer to it as ‘rough sex’. This is a further reminder that definitions of violence are ideological, and violence against women is often invisible as such” (Boyle 25). Secondo me, per incutersi rispetto e giustizia alla situazione di Agnese, il nome del film dovrebbe essere legittimato e in contrasto, forse davvero così: Stuprata e condannata. Ora si possiamo sapere la verità del contesto e della trama del film. In questa maniera si può accorgersi della realità e circostanze della protagonista e non semplicemente di un’idea di seduzione, o di sesso piacevole tra due persone.

In secondo luogo, l’oppressione dimostrata contro le donne è ampiamente accompagnata dal voyeurismo maschile durante i due film. In Maléna, tanto Renato osservando Malèna costantemente, quanto lo sguardo generale di tutta la popolazione maschile del comune, costituiscono un rischio continuo e rappresentano una minaccia apparente alla protagonista. Si pensi, ad esempio, alla teoria estetica di John Berger, cui in Ways of Seeing, spiega che le donne esistono per soddisfare lo appetito degli uomini, ma che in fatti le donne non hanno necessità ed appetiti da sé (Berger 55). La scena sotto (figura 3), illustra questa teoria. L’avvocato di Malèna usa la sua posizione di autorità per contentarsi sessualmente, quando l’avvocato fa delle avances e abusa Malèna senza volerlo badare della sua supplica di fermare. E come spettatori andiamo in fondo con Renato che osserva tutto l’episodio di abuso sessuale di maniera voyeuristica.

In Sedotta e abbandonata, grandi gruppi di uomini sono presentati di una maniera claustrofobica nello schermo. Loro dimostrano un’attitudine di cacciatori che fanno preda di animali deboli. La scena di primo piano (figura 4) rende un’atmosfera che rappresenta una maggioranza maschile schiacciante senza alcuna preoccupazione o intervento in favore della giovane solitaria. Agnese passa attraverso della moltitudine che pare godersi durante la sua tormentosa camminata, in questa sequenza del film. L’ambientazione è efficace dimostrando il pericolo incombente e Agnese sembra completamente soffocata in questa situazione. Ma come un piccolo animale silvicolo e fragile, lei scappa. Visualmente così reale, l’oppressione delle immagini è certa e quasi palpabile.

Infine, come esempi dello sfruttamento del sesso femminile esamineremmo la somiglianza ed il contrasto della rappresentazione nell’uso delle prostitute nei due film. Malèna dopo di essere stuprata dal suo avvocato e dovuto a varie altre difficoltà, soccombe a usare il suo corpo come uno strumento finanziario. Di subito il suo cambiamento fisico è evidente. Benché lei era considerata promiscua e una donna di facili costumi, fino a quel punto, tutti gli elementi della messa in scena e anche suo comportamento precedenti smentivano questa supposizione sbagliata. In questa scena di piano americano (Figura 5) Malèna dimostra pubblicamente, il suo cambio radicale e stabilisce il fatto di cominciare a prostituirsi. Questo mutamento è concentrato nel costume voluttuoso che usa, nel suo trucco esagerato, nella pettinatura moderna e nei capelli di colore zenzero. Malèna alla fine, viene incontro ai desideri degli uomini della piccola comunità.

In Sedotta e abbandonata (figura 6), il padre di Agnese che aveva difeso il codice d’onore di sua famiglia con tutta la sua forza e a costo della propria vita, cerca il servizio piacevole delle prostitute itinerante disponibile nella regione. Sembra che c’è un criterio di giudizio doppio, dove si può avere dei rapporti sessuali con la professionista malgrado, ma non si può accettare che sua figlia Agnese esibisce qualche tipo di sessualità che non è conforme alle norme e ai costumi della società patriarcale regionale. Sigmund Freud ha spiegato che la vita erotica degli uomini è condivida en due canali (il celeste e il terrestre). “Where such men love they have no desire and where they desire, they cannot love.” La sindrome della donna buona e della donna cattiva esemplifica due caratteristiche diversi: la donna che somiglia la madre è buona (celeste) e conseguentemente, non si può sentire un’attrazione sessuale a questo tipo di donna, dovendosi bisogno di annullare con sforzo qualche istinto sessuale alla buona donna. Già all’altro tipo di donna, la cattiva, è differente e opposta dall’immagine della mamma, e si può sentire ed agire sull’istinto sessuale (Freud 212).

Richiamandoci a quanto precedentemente detto, l’intenzione dei due registi era di denunziare il problema sociale predominante dell’oppressione delle donne. Ma la conseguenza dell’approccio dei registi è un resultato malconsigliato delle loro denunce cui rafforzano un sistema misogino senza contesta diretta. Il fallimento di uno sguardo critico è più evidente perché manca conflitto con il modello patriarcale e non lascia una sfida. Invece le immagini usate diventano prove aggiuntive che inondano lo schermo con violenza contro le donne. L’interpretazione dei film fuorvii gli spettatori sembrando indicare e confermare l’accettazione dello standard misogino comune. Mi chiedo le ragioni perché due registi premiati, intelligenti, capaci, e benintenzionati non riescono a fare una denunzia efficace usando loro interesse, conoscimento, creatività e talento. È possibile denunciare efficacemente la misoginia sistemica? Quale sarebbe la migliore strategia di farlo? Perché ci sono tante difficoltà in controbilanciare e esaminare chiaramente l’oppressione, l’oggettivazione e l’abuso sessuale delle donne? E chi potrebbe farlo in modo imparziale? Possiamo tutti riflettere sulle queste domande.

Works Cited

Berger, John. Ways of Seeing. London, British Broadcasting Corporation, 1979. Print.

Boyle, Karen. Media and Violence: Gendering the Debates. 2005. Print.

Freud, Sigmund. “Contributions to the Psychology of Love, 1910 a Special Type of Object Made by Men.” Case of Dora, and Other Papers, Jan. 1901, p. 197-208.

Germi, Pietro. Sedotta e Abandonatta. 1964.

Tornatore, Giuseppe. Maléna. 2000.

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