Il Calcio, l’emigrazione e il razzismo

                   di Odalis Almendarez Piña

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Il calcio è uno degli sport più conosciuti in tutto il mondo, specialmente in Italia, dove è oggetto di un amore grandissimo. Il calcio è anche conosciuto oggi come uno sport che unisce tutti, non solo i giocatori ma anche i tifosi, senza limite di età, razza, genere, cultura o nazionalità. Questo crea uno sport bellissimo da giocare e guardare. Tuttavia, non è sempre stato così nel passato. C’erano diverse norme che dicevano chi poteva giocare nelle squadre nazionali l’accettazione dei giocatori stranieri era molto regolamentata, specialmente in Italia, dove il gioco del calcio è stato legato per molto tempo all’emigrazione, che ha portato milioni di italiani nei paesi del Sud America.

“The idea that politics and sport should be kept apart is laughable in Italy.” (Foot, 355)

Mussolini e Azzurri, Coppa Del Mondo 1934

C’è stato un intreccio tra calcio e politica che ha modellato il calcio in Italia. Negli anni’20 in Italia c’era la nascita della dittatura di Benito Mussolini e con ciò continua l’ascesa del nazionalismo che era iniziato con Enrico Corradini intorno 1910. Questo intreccio tra calcio, emigrazione e politica aumenterà durante il fascismo. Ora possiamo guardare come il Fascismo ha usato il calcio per attuare i suoi ideali. Tutt’e due, calcio e fascismo, promuovono la collettività sopra la persona singola, cioè la squadra o lo stato sugli individui (Emma, Almog, and Taylor). Questo era quello che Mussolini aveva capito, e pertanto ha utilizzato il calcio per il suo beneficio (Noonan).

Il partito fascista di Mussolini prese a plasmare lo sport, creando La Carta di Viareggio nel 1926. La Carta di Viareggio proibiva di avere più di due giocatori stranieri per oggi squadra fino al 1928, quando non sarebbe stato più ammissibile avere nessun calciatore straniero in una squadra italiana (Foot, 38). Anche con La Carta di Viareggio il professionismo è stato ufficialmente riconosciuto per la prima volta (Foot, 25). All’inizio, il calcio italiano era uno sport amatoriale, giocato per onore e divertimento, ma mai per soldi. I giocatori in questo momento avevano la loro professione mentre giocavano (Foot 38). Attraverso il tempo questo è cambiato, nel 1920 questo sistema non funzionava più, il denaro iniziò a fluire. Pertanto, i trasferimenti di soldi hanno portato a un’aspra discussione pubblica che ha anche contribuito alla creazione della Carta di Viareggio (Foot, 24).

Tuttavia, le procedure della carta contenevano una via d’uscita. La Carta di Viareggio dichiarava solo che gli stranieri erano proibiti, ma c’erano domande che sono emerse. Chi era italiano? Chi era considerato uno straniero? Sìccome molti calciatori stranieri dell’Ungheria e Austria non potevano giocare più, i grandi club italiani hanno iniziato a cercare altri giocatori che erano ‘italiani’ (Foot, 38). Cercavano anche tra gli italiani che hanno lasciato il paese per diverse destinazioni. Questa grande emigrazione di italiani è conosciuta come la diaspora italiana.

“South Americans as Italians…Italians as South Americans” (Foot, 391)

A causa di questa diaspora ci sono grandi gruppi concentrati in comunità italiane in Sudamerica, specialmente in Argentina e Brasile. Si stima che i numeri dei loro discendenti “oriundi italiani” siano altissimi, l’Argentina aveva ricevuto quasi 3 milioni d’italiani (The Italian Diaspora).

Diaspora Italiana in Argentina

Il quartiere La Boca si trova vicino al mare di Buenos Aires in Argentina. La Boca è uno dei quartieri che ha avuto una concentrazione notevole della comunità italiana, registrava il 53% di abitanti italiani, specialmente italiani di Genova. Al centro della Boca si trova lo stadio La Bombonera. Questo stadio è la sede della squadra Boca Juniors, che fu fondata nel 1905 da cinque italiani immigrati (Moralis).

La Boca era un quartiere italiano, con le sue radici nella prima emigrazione dall’Italia. Con la diaspora italiana, il calcio si diffuse in tutto Sudamerica e giocatori nati in Argentina hanno formato la maggioranza degli stranieri che giocavano in Italia negli anni ’20 (Moralis). Attraverso gli anni, il Boca Juniors ha aiutato a creare a molti campioni che sono andati in Italia a giocare (Foot, 392).

La presenza di giocatori stranieri nel calcio italiano è sempre stata oggetto di un dibattito che ha influenzato le regole mutevoli che hanno governato il gioco. Dopo La Carta di Viareggio, solo gli oriundi erano consentiti. In questo momento era quando la categoria di oriundo italiano è diventata parte del calcio.

Allora, oriundo è una parola italiana che viene dalla lingua spagnola che vuole dire “originario di” (Bonello). Sebbene gli oriundi non fossero italiani, si qualificavano a giocare per il paese quando erano soddisfatti determinati criteri. Questi criteri erano che i calciatori avessero uno stretto legame ancestrale con l’Italia (Foot, 392).

La Bombonera, Buenos Aires Loro avevano ‘sangue’ italiano, cognomi italiani, e genitori italiani, ma spesso non erano mai stati in Italia, e non parlavano italiano (Noonan). Nonostante non fossero nati in Italia, a causa di questa nuova regola, questi oriundi potevano giocare in Italia. La Carta di Viareggio era instituita fino al 1949, ma dopo sei anni nel 1955, gli oriundi sono tornati nazionale (Foot, 392).

         

Questi giocatori sudamericani andavano a giocare in Italia per i soldi. Alla fine degli anni’20 il calcio italiano era abbastanza ricco per poter comprare campioni oriundi da Argentina, Brasile, e Uruguay. Durante questo tempo il calcio sudamericano non era ricco come l’Italia, pertanto non poteva competere con l’Italia. La perdita di questi giocatori sembrava come una forma di neocolonialismo (Foot, 393). L’Argentina era in una crisi economica e pertanto perdere questi giocatori inevitabile.

Calciatori Oriundi: Dall’Argentina all’Italia

Julio Libonatti

Uno dei calciatori più conosciuti come oriundo era Julio Libonatti, chiamato “El Matador” per il suo talento con il pallone. Lui era nato a Rosario in Argentina da una famiglia calabrese. Pertanto, lui aveva l’opportunità di essere parte di questo fenomeno degli oriundi. Libonatti ha giocato prima con la squadra nazionale dell’Argentina dal 1919 al 1922. Dopo quattro anni, dal 1926 al 1931, Libonatti ha giocato per la squadra nazionale dell’Italia. Le sue partite attiravano persone da tutto il paese e anche dall’estero. Grazie al suo talento, una di queste persone che lo guardavano era il conte Enrico Marone Cinzano, il presidente del Torino (Castellani). Nella sua visita a Rosario, Cinzano aveva notato che Libonatti aveva tutto ciò che serve per far brillare un attaccante: velocità, agilità, qualità con il pallone su entrambi i piedi, nonché un tiro potente e preciso (Castellani). Con tutto questo e il fatto che era di origini italiane, Cinzano era più interessato ad avere Libonatti in Italia. Nel 1925 lui si registrò per il trasferimento transatlantico, e in seguito si trasferì al club italiano Torino (Pink). Libonatti ha accettato perché gli piaceva questa nuova avventura, diventando storia perché era il primo cittadino argentino ad effettuare il trasferimento transatlantico (Pink). In qualsiasi posto in cui ha giocato ha fatto la storia e questo non era un’eccezione negli Azzurri, la squadra della nazionale italiana. Libonatti ha giocato la sua prima partita per l’Italia nel 1926, diventando il primo oriundo a giocare negli Azzurri (Pink).

Julio Libonatti nella squadra

A causa della Carta di Viareggio di Benito Mussolini, ha dato a Libonatti la doppia nazionalità. Questo era accettato dal dittatore Mussolini, perché era utile per l’Italia perché grazie agli oriundi l’Italia ha potuto vincere la prima Coppa del Mondo nel 1934.

Libonatti, dopo i suoi 33 anni, ha lasciato il club del Torino, ma ha continuato a giocare in diverse squadre delle Serie B e Serie C (Pink). Dopo aver vissuto la dolce vita lui era in bancarotta e si è riunificato con la sua famiglia che era in Argentina dopo aver lasciato l’Italia quando il regime fascista ha soffocato l’Italia e stava per invadere l’Albania. (Pink)  Nonostante questo, Julio Libonatti ha aperto la porta per diversi cambiamenti nel futuro del calcio, specialmente dove altri oriundi potevano avere l’opportunità di prosperare in Italia nel corso degli anni.

Benito Mussolini non è stato il primo leader a riconoscere il potenziale politico dello sport, ma è uno dei leader che ha posto maggiormente l’accento su di essi (Bill, 65). Per Benito Mussolini avere quella squadra italiana del 1934 dove c’erano cinque oriundi – Atilio José Demaría, Raimundo Orsi, Luisito Monti, e Enrique Guaita che erano argentini e Anfilogino Guarisi che era brasiliano – era benefico per la vittoria dell’Italia nella Coppa del Mondo nel 1934 (Cervi). La vittoria aiutò la macchina di propaganda di Mussolini a rappresentare il paese come un simbolo di superiorità fascista in Europa.

 Gli Angeli dalla faccia sporca

Humberto Maschio, Antonio Valentin Angelillo e Omar Sivori sono tre giocatori argentini che verso alla fine degli anni’50 giunsero in Italia (Foot, 397). Loro tre venivano soprannominati “Gli angeli dalla faccia sporca”, come il titolo di un noto film degli anni ’40 con Humprey Bogart e James Cagney. Essendo venuti a giocare in Europa i tre calciatori non potevano più essere convocati dalla nazionale argentina, l’Albiceleste.

Angeli dalla faccia sporca-
Maschio, Angelillo, Savori

Negli anni successivi questi “oriundi” ebbero la possibilità di giocare per la nazionale italiana, gli Azzurri, senza fortuna di vincere una vittoria nella Coppa del Mondo (Fossati). Però si resero protagonisti del campionato nazionale diventando idoli delle tifoserie delle rispettive squadre di club. Sivori e Maschio, assieme ad altri oriundi o naturalizzati, i brasiliani Josè Altafini e Angelo Sormani, parteciparono alla disastrosa spedizione della Nazionale italiana ai Campionati mondiali in Cile nel 1962 (Fossati).

Nel 1966, il calcio italiano chiuse le frontiere ai giocatori stranieri, questo era perché la loro presenza era stata incolpata per la continua di un rendimento basso della nazionale specialmente dopo l’umiliante sconfitta della Corea del Nord ai Mondiali nel 1966.

Nel 1995, la cosiddetta “sentenza Bosman” stabilì la libera circolazione di lavoratori/calciatori all’interno della Comunità europea, senza alcuna restrizione (Foot, 502). Il vincolo numerico sopravvive – a tutt’oggi – per gli atleti provenienti da paesi extraeuropei. In questa logica regolamentare, si diffuse la pratica, da parte di agenti e procuratori, della ricerca di ascendenze europee dei calciatori extracomunitari per facilitare il loro inserimento nei “ricchi” campionati europei, tramite il riconoscimento del doppio passaporto.

Il ritorno degli Oriundi in Italia

Per quasi due generazioni la squadra italiana non aveva oriundi nella squadra Azzurri, perché avevano questa idea di distacco e di non appartenenza con gli oriundi. Però Mauro Camoranesi ha rianimato questa tradizione nel 2003 (Lea). Mauro Camoranesi era nato a Tandil in Argentina ma era eleggibile per la cittadinanza italiana grazie a suo bisnonno che era emigrato nel 1873. Lui ha giocato per molte squadre di club, in Argentina, Messico, Uruguay e in Italia, ma dal 2003 al 2010 ha rappresentato l’Italia. La squadra Azzurri ha mostrato interesse per lui prima in Argentina e pertanto Camoranesi ha fatto il suo debutto internazionale con l’Italia in una partita amichevole contro il Portogallo (Lea). Quando gli hanno chiesto come ha deciso di rappresentare gli Azzurri (Italia) invece dell’Albiceleste (Argentina) Camoranesi ha detto che “Argentina never came looking for me, so I never had to choose. One day Trapattoni [allenatore di calcio] called me. I thought his offer over and made up my mind almost two months ago to accept it. I remain an Argentinian, but this is a golden opportunity for my career” (Son of Argentina loyal to the Azzurri)

Mauro Camoranesi

Nel 2006 lui ha vinto con l’Italia la Coppa del Mondo in Germania, comunque non era completamente accettato dalla sua nazione adottata. C’erano diverse critiche contro di lui, perché gli italiani non credevano che lui fosse degno di indossare la maglia Azzurra. Per esempio, durante la Coppa del Mondo nel 2006 lui non ha cantato l’inno nazionale italiano perché non lo sapeva. È stato anche criticato per la sua intervista dopo la sua vittoria nella Coppa del Mondo quando ha detto “me siento argentino pero he defendido los colores de Italia, que está en mi sangre, con dignidad. Eso es algo que nadie puede quitar”, in un certo lui ha detto che si è sentito argentino ma ha difeso i colori della italia perché è nel suo sangue, con dignità, e nessuno può togliere quello, ma questo non era abbastanza per gli italiani (Casado).

“Niente oriundi, in Nazionale solo italiani” – Roberto Mancini

Il concetto di oriundi ha creato molte domande su chi è un vero italiano. Nel tempo della dittatura di Mussolini avere i giocatori oriundi era utile perché erano i giocatori bravi che aiutavano l’Italia a vincere. In quel momento avere una squadra poderosa era un simbolo anche di una nazione potente.

Oriundi nella Squadra Nazionale- Italiana

Nonostante questi giocatori avessero sangue italiano attraverso i loro genitori o nonni, fino a che punto sono veramente italiani?  Roberto Mancini è l’allenatore della squadra nazionale italiana ed ex calciatore della nazionale italiana e altri club italiani. Lui dice che “niente oriundi, in Nazionale solo italiani…io penso che un giocatore italiano meriti di giocare in Nazionale, mentre chi non è nato in Italia, anche se ha dei parenti italiani, credo non lo meriti” (Zucchelli). Cose come queste si stanno ascoltando molto nel calcio. Queste sono le domande che gli italiani, e anche gli argentini si chiedono. Non solo l’Argentina perdeva i suoi giocatori per altre nazioni, ma l’Italia a volte non vedeva questi oriundi come veri italiani.

L’accettazione in Italia dei calciatori oriundi è cambiata attraverso il tempo. L’idea dei giocatori oriundi è iniziata in un certo senso come rimpatrio. Durante il regime fascista era utile avere questi bravi giocatori per avere una squadra invincibile. A un certo punto questi giocatori erano guardati come veri italiani, ma questo non è durato a lungo. Quando gli Azzurri vincevano non c’erano molti critici contro questi oriundi, ma quando questo non succedeva c’erano molti critici. Con il cambiare della politica italiana, anche l’accettazione degli oriundi e dei giocatori stranieri nella squadra nazionale è cambiata. Il dibattito continua ancora adesso.

La questione dell’accettazione è ancora in corso nel mondo del calcio. Una squadra composta solo dai “Top” undici oriundi sarebbe simile a questa imagine.  Se questa squadra fosse possibile, ci si chiederebbe chi stanno rappresentando.

Top 11 degli Oriundi

Forse una squadra di immigranti? Di tutto il mondo? O di un paese? Sarebbe accettata? La domanda rimane: chi è un vero italiano? È abbastanza di essere duna discendeza italiana? Avere un passaporto italiano ti rende italiano o non è niente abbastanza? Perché se sei nato in Italia da genitori immigranti non sei considerato italiano? Perché è più facile per i bambini di italiani residenti all’estero ottenere la cittadinanza italiana, ma non per quelli che sono nati in Italia? Per essere un vero italiano devi essere nato in una famiglia italiana, in Italia e parlare italiano? Questo dibattito continuerà e sorgeranno ulteriori domande sul vero significato di un italiano. E il calcio, come sempre, continuerà a riflettere queste domande.

 

Bibliografia

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